December 3, 2024
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Cetraro tappa ufficiale di “Sognando Itaca”, il progetto di vela terapia promosso da AIL e giunto quest’anno alla decima edizione. La barca dell’AIL è stata affiancata dalle imbarcazioni del CVL Cetraro in una delle due tappe calabresi.

Il veliero, partito da Latina, è approdato nel porto calabrese con il suo equipaggio composto da skipper professionisti e infermieri. Per una intera giornata, la bandiera della sezione cosentina di AIL ha sventolato accanto a quella del centro velico “Lampetia” di Cetraro, presieduto da Ferruccio Rizzuti, che ha assicurato appoggio logistico all’iniziativa di sport e solidarietà. L”Itaca day” ha coinvolto decine di pazienti ematologici in fase di convalescenza, volontari AIL e personale sanitario del reparto di Ematologia dell’Ospedale Annunziata. “Il nostro obiettivo – ha spiegato Daniel Lovato, responsabile scientifico di “Sognando Itaca” – è aiutare i malati e i loro familiari a recuperare la quotidianità. Le ore trascorse in barca a vela regalano gioia e spensieratezza. Pazienti che hanno sofferto di patologie diverse vivono un momento di confronto. Nei tumori sia solidi che liquidi la componente psicologica è notevole e il passo verso quella psichiatrica, a questo punto, diventa breve. La vela terapia è in grado di creare un distacco totale dalla malattia, riducendo lo stato di ansia e quindi la necessità di somministrare farmaci antidepressivi”. Il dottor Ernesto Vigna, vice primario dell’UOC di Ematologia, la pensa allo stesso modo: “Giornate come questa avvicinano ancora di più i pazienti a noi medici. L’empatia che si crea contribuisce a migliorare i risultati delle terapie”. Ornella Nucci, presidente di AIL CS FAS ha definito “Sognando Itaca” una delle esperienze più belle vissute finora dall’associazione. Sia pur in pensione da qualche giorno, il professor Fortunato Morabito, non è mancato all’appuntamento di Cetraro: “ Anche se da una posizione diversa – ha assicurato l’ex primario – sarò ancora al fianco del reparto di Ematologia e di AIL, perché occorre garantire continuità progettuale al lavoro che, faticosamente, abbiamo compiuto negli ultimi dodici anni. È indispensabile – ha detto – rafforzare il laboratorio di ricerca di Aprigliano al fine di riconoscere subito le patologie e individuare le terapie più adatte”.  Anche il professor Morabito ha la sua Itaca: “Spostare le staminali da Reggio Calabria a Cosenza, praticando i trapianti direttamente all’Annunziata”. Il dottor Massimo Gentile, responsabile del day hospital di Ematologia, ha invece sottolineato l’impegno quotidiano di AIL all’interno dell’ospedale, in campo infermieristico, amministrativo e dell’accoglienza. Ferruccio Rizzuti ha auspicato un progetto di vela terapia rivolto ai pazienti distribuito durante tutto l’anno: “Quando portiamo queste persone in mare, i loro volti tornano a essere sereni”. Dopo la conferenza stampa, il veliero di AIL, affiancato dalle imbarcazioni del centro “Lampetia” ha preso il largo per qualche ora di navigazione. E anche quest’anno, il mare è riuscito a rinnovare il suo miracolo. Buon vento, allora, a quanti hanno si sono imbattuti nella tempesta della malattia e, senza farsi abbattere da essa, sono oggi in grado di riprendere la traversata della vita con più forza e con un rinnovato coraggio.
 Tra i pazienti che sono stati in cura presso il reparto di Ematologia dell’Annunziata ospiti dell’Itaca day svoltosi a Cetraro, anche Denis Bruno. “Ho scoperto la malattia due anni fa. Tossivo molto. I medici, in un primo momento, avevano pensato che potesse trattarsi di polmonite. Poi, la decisione di eseguire una TAC. L’esame, purtroppo, ha invece evidenziato la presenza, in prossimità del petto, di una massa grande 23 centimetri. Si trattava di un linfoma. Dopo lo sconcerto iniziale – ricorda Denis, che oggi ha 40 anni – mi sono affidato completamente alle cure del personale sanitario, che è stato capace di rincuorarmi. Oggi, sono ematologicamente guarito, anche se la conferma definitiva arriverà dalla TAC cui dovrò sottopormi a breve. L’esperienza della malattia – confida – è stata emotivamente molto profonda. Il mio ricovero in ospedale è durato sette mesi. Periodo che ho condiviso con persone che, purtroppo, a differenza mia, ora non ci sono più perché non ce l’hanno fatta a sconfiggere la malattia. Quando il tumore entra dentro di te e alla fine lo mandi via, impari ad apprezzare molto di più la vita. Personalmente, sono diventato di nuovo adolescente. Mi sono rimesso alla riscoperta delle cose belle. Ho avuto più paura delle sofferenze fisiche piuttosto che della morte in sé per sé. Ho temuto di dover patire dolori lancinanti e di perdere la coscienza e la consapevolezza di me. Posso affermare con certezza che la malattia che ho affrontato ha avuto il merito di predispormi di più alla socialità e alla vita. AIL dà un senso alle giornate vissute in ospedale. Senza il supporto dei suoi volontari, quel tempo sarebbe un tempo sprecato, invece grazie a loro diventa degno di esser vissuto, sia pur nella sofferenza”.


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